Luigi Ballerini, poeta, saggista e traduttore, è nato a Milano nel 1940 e vive tra Milano e New York. Ha insegnato letteratura italiana moderna e contemporanea alla New York University e alla UCLA. Ha tradotto libri di autori americani tra cui Herman Melville, William C. Williams, James Baldwin, Gertrude Stein, Kurt Vonnegut. Come critico si è occupato di Futurismo, letteratura d’avanguardia, poesia medievale e contemporanea. Ha curato molte antologie bilingui di poesia italiana e americana, tra cui la mastodontica “Those who from afar look like flies” (University of Toronto press, 2017). Tutte le sue poesie sono raccolte in un Oscar Mondadori a cura di Giuseppe Cavatorta (2016).
Tra le sue pubblicazioni di poesia: eccetera. E (1972), Che figurato muore (1988), Che oror l’orient (1991), Il terzo gode (1994), The Cadence of a Neighboring Tribe, English edition, (1997) Stracci shakespeariani (1996), Uscita senza strada (2000), Uno monta la luna (2001), Cefalonia (2005, 2013), Se il tempo è matto (Mondadori, 2010), Una dozzina + 3 (2012).
L’indagine sul mondo della poesia italiana procede con una delle figure più eclettiche e singolari della nostra cultura.
Luigi Ballerini -oltre la piacevolezza della chiacchierata- ci ha parlato del suo percorso totalmente autonomo e privo di debiti “politici”, mostrandoci dunque una visione, per così dire, più lucida delle dinamiche e dei “valori” della scrittura nostrana, almeno dal dopoguerra in poi, senza considerare la sua autorevole e originalissima lettura dell’avanguardia futurista.
A testimonianza di questo impegno classificatorio di ridefinizione del panorama e dei confini della scrittura poetica in Italia, il recente primo tomo “Quelli che da lontano sembrano mosche” (“Those who from afar look like flies”).
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Buona Visione!
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