Il saggio breve di Peter Carravetta “Sulla rivoluzione incompiuta di Pasolini”, rimasto fino ad oggi inedito in Italia, è stato pubblicato nel maggio di quest’anno in occasione del quarantennale dalla morte dell’artista. Nello stesso mese abbiamo presentato in anteprima il libro al Festival Bologna in Lettere, curato dall’amico Enzo Campi.
A seguire un breve testo di Daniele Poletti (curatore del volume) preparato in occasione della presentazione e l’intervento video di Peter Carravetta (che non poté presenziare a Bologna) proiettato durante la serata del 29 maggio.
Prossimamente presenteremo su f l o e m a – esplorazioni della parola, una video intervista a Carravetta su poesia, sperimentazione e allegoria.
Caratteristiche del volume:
F.to: 12 x 13
Pagg.: 84
Copertina: b/n
Confezione: brossura
Prezzo: euro 9,00
Il libro può essere richiesto direttamente all’indirizzo: info@diaforia.org o sui maggiori siti librari in rete: IBS, AMAZON, LA FELTRINELLI, UNILIBRO, etc.
Presentazione saggio di Peter Carravetta per B.I.L.
di Daniele Poletti
“Sulla rivoluzione incompiuta di Pasolini” è un saggio breve di P.C. inedito in Italia e pubblicato originariamente su Art & Text (Sydney), Winter, 1989.
Recentemente è uscito per Aracne un volume di saggi di P.C. “La funzione Proteo” che raccoglie quasi tutti gli interventi critici dell’autore. Parlando con Peter a Firenze alla fine del 2014, venimmo a sapere dell’esistenza di quattro saggetti ancora inediti, che non era riuscito a inserire in “La funzione Proteo”. Ci parlò di una rilettura del Maia di D’Annunzio e appunto di Pasolini. Poco tempo dopo ricevetti l’invito di Enzo Campi a B.I.L., che aveva come focus proprio Pasolini, perciò ricontattai subito Peter per il saggio ed eccolo qua.
Perché abbiamo deciso di pubblicare questo breve saggio?
Intanto per la “storicità” del documento, uscito 26 anni fa su una rivista australiana ma mai tradotto in Italia; ma soprattutto per la collocazione che queste pagine hanno nella letteratura critica pasoliniana: si pongono sull’estremo limite che c’è tra l’ultima opera di Pasolini, “Salò”, e la scoperta e pubblicazione del corrispettivo letterario “Petrolio” nel 1992.
Carravetta decise di scrivere di Pasolini del tutto occasionalmente, in seguito alla mostra che si tenne a New York nel 1985 di tutti “I disegni, 1941/1975” con catalogo Scheiwiller. La prima parte del saggio sostiene (qui la prima novità) come l’opera grafica di Pasolini, per niente sporadica, ma anzi costante nella vita artistica dell’autore, rivesta una grande importanza nel processo creativo delle altre opere, siano esse cinematografiche o letterarie.
Da questo punto Carravetta espande la riflessione sulla poetica di Pasolini nelle altre modalità espressive, letteratura, cinema e di rinquarto critica sociologica, affermando che si può parlare di poetica del cambiamento e della contaminazione. Ne abbiamo una riprova anche nei disegni, secondo Zigaina (curatore del catalogo Scheiwiller): per l’opera grafica Pasolini “fece uso di tutta una serie di mezzi espressivi, materiali, oggetti, colori, alcuni dei quali egli addirittura scoprì o inventò.” Pasolini voleva “andare oltre l’univocità del significato o comunque creare le premesse per ulteriori fonti di significazione.” Carravetta colloca le opere di Pasolini “entro uno spazio allegorico fatto di figure che nascondono un discorso impronunciabile, una verità inaudita. Nonostante l’autore stesso non fosse consapevolmente allegorico, la sua opera può soltanto essere intesa come un’allegoria del destino dell’ultimo grande artista della Modernità”.
Lo stesso Sanguineti definì “Pasolini uno scrittore postumo” e in effetti dopo la sua morte fino ad oggi, con intensità costante, si torna sull’uomo, sull’opera e sul testamento/testimone che ci ha lasciato. Come è noto Pasolini si pose in senso antagonista rispetto all’esperienza e agli esiti della nuova avanguardia. Nel 1975 esce “Salò” e Petrolio era nascosto in qualche cassetto; in quegli anni Sanguineti, preso ormai ad esempio, ma si potrebbe parlare anche degli altri novissimi, scrive “Postkarten” e il suo stile si fa più discorsivo e comunicativo.
Ritornare oggi su Pasolini con il saggio di Carravetta ci permette di riflettere anche sulla scrittura di ricerca di oggi e sui padri recenti dello sperimentalismo.
Pasolini è il grande demiurgo che con la palestra di “Officina” si pone ancora nella tradizione letteraria italiana (pur contestandola dal punto di vista sociale), Sanguineti, Balestrini, Pagliarani etc. rappresentano il nuovo che avanza che sembra spaccare del tutto i ponti con la tradizione e criticare molto più aspramente il contegno e le anomalie della borghesia. Questo è superficialmente il quadro di fazioni che via via si fronteggeranno in modo sempre più tagliente, basti ricordare il saggio su “Empirismo eretico” sull’avanguardia in Italia: “la critica dei novissimi si rivolge alla mera tradizione “letteraria”, non al mondo “reale””. In effetti la grande rivoluzione sta più nel significante che nel significato, mentre Pasolini evita qualunque autoindulgente virtuosismo dei significanti, perché è interessato al referente, alla concretezza storico-sociale intesa come Forma che connette due o più fenomeni. Per questo motivo Pasolini non può essere considerato un avanguardista, ma neppure, a nostro avviso, un antimoderno come affermava Gilda Policastro nel saggio “Pasolini anti-moderno: l’utopia negativa di Salò e Petrolio”.
Ci troviamo alle prese con uno scrittore che fa guerra ininterrottamente alla circolazione di significati acquisiti, riciclati dalla sua cultura e dalle istituzioni, svelandone la quasi completa assenza di autenticità, coerenza e verità. Certo il bilancio può essere solo ipotesi, in quanto abbiamo a disposizione le ultime due opere che segnalano una via alternativa, una terza via a quella dei lirico-ermetici da una parte e dei novissimi dall’altra.
Come dicevamo, negli anni in cui la portata scardinante dei novissimi si modera in spazi di ricerca personali e meno dichiarativi, Pasolini porta a compimento o quasi le sue due opere più estreme e sperimentali in qualche modo, attraverso il principio di contraddizione che lo caratterizza, ma mantenendo la coerenza di rispetto del Referente e del significato: con la denuncia di tutti i totalitarismi -compreso quello linguistico che è scaturito da una rivoluzione nata già viziata dall’ovatta borghese- di “Salò” e di “Petrolio”. Pasolini si pone oltre il moderno e al di sopra del postmoderno e indica una via ancora percorribile da un punto di vista soprattutto etico (con tutti gli aggiornamenti formali che si vogliono) da tener presente anche per le nuove ricerche sulla scrittura.
Peter Carravetta è titolare della Cattedra “Alfonse M. D’Amato” per gli Studi Italiani e Italoamericani alla Stony Brook University, nello stato di New York. Si occupa di ermeneutica, teoria critica, storia delle idee, avanguardie e postmoderno, poetiche e politica, emigrazione, studi italoamericani, studi inter-culturali, e l’Umanesimo italiano ed europeo. Attualmente sta ultimando una ricerca sulle origini dell’emigrazione e del colonialismo italiani.
Fondatore e direttore della rivista Differentia, review of italian thought (9 fascicoli, 1986-1999), Carravetta è autore di Prefaces to the Diaphora. Rhetorics, Allegory and the Interpretation of Postmodernity (W. Lafayette (IN), Purdue University Press, 1991), Il fantasma di Hermes. Saggio su metodo retorica interpretare (Lecce, Milella 1996), Dei parlanti. Studi e ipotesi su metodo e retorica dell’interpretare (Torino, marcovalerio, 2002),Del Postmoderno. Critica e cultura in America all’alba del duemila (Milano, Bompiani, 2009);Sulle tracce di Hermes. Migrare, Vivere, Riorientarsi (Milano, Morellini Editore, 2012);The Elusive Hermes. Method, Discourse, Interpreting (Aurora (CO), The Davies Group Publishers, 2013); La funzione Proteo. Ragioni della poesia e poetiche della fine (Roma, Aracne, 2014). Ha co-curato Postmoderno e letteratura. Percorsi e visioni della critica in America (Milano, Bompiani, 1984) e Poeti italiani d’America (Treviso, Pagus, 1993).
Ha tradotto dall’italiano all’inglese l’opera avanguardistica di Martino Oberto, Anaphilosophia (Campanotto, Udine, 1993; ed. bilingue), una raccolta di saggi di Gian Carlo Pagliasso, Déjà Chimera. Writings 1987‑1999 (Editions d’Afrique du Nord, Tanger, 2001), una raccolta di poesie di Flavia Pankiewicz, Eclissi americane / American Eclipses (W. Lafayette (IN), Bordighera Press, 1999), e l’antologia filosofica di Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti, Il pensiero debole (orig. it. 1983), Weak Thought (Albany, SUNY Press, 2012). Ha tradotto dall’inglese all’italiano il libro di poesie di Richard Milazzo, Piccola luna cinese (Udine, Campanotto, 2010)
Dall’inglese all’italiano ha tradotto Small China Moon di Richard Milazzo (Piccola luna cinese, Campanotto, Udine, 2009), testi poetici di John Cage, Bern Porter, e Paul Vangelisti, poeti-soldati del Vietnam, e testi critici di Richard Prince, Richard Palmer, Richard Milazzo, e Charles Bernstein.
Carravetta ha inoltre scritto otto libri di poesia: percorso masticato (Seledizioni, Bologna 1974); existenz (Adams Press, Chicago, 1976), delle voci (Anterem, Verona, 1980); dialogi v (Tam Tam, Reggio Emilia, 1987); metessi (1980-1989) (Ripostes, Salerno 1991); The Sun and Other Things (Guernica, Toronto, 1998); L’infinito (poesie scelte 1972-2012) (Campanotto, Udine, 2012; Premio Lorenzo Montano 2013); e The Other Lives (Guernica, Toronto, 2014).
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