Fosse comuni sonore: abbandono all’emotività primigenia
di Walter G. Catalano
L’ultimo lavoro concepito dal gruppo di improvvisazione elettro-acustica VipCancro si presenta come colonna sonora della mutazione: suoni che sfrecciano nelle lande desolate del tempo, avanzano danzando in spirali genetico/pentagrammatiche senza fine, distruggono la geometria della rette cercando di redimersi dalla propria solitudine. È difficoltoso distinguersi nel mare magnum della musica “ambient”, etichetta certo fuorviante per iniziare un’indagine oggettiva di un lavoro tanto liminare.
Il difetto che ci pare di riscontrare in molti gruppi che si muovono fra gli stilemi drone, elettronica e noise è proprio la matrice da cui deriva l’atto creativo. Il percorso dell’improvvisazione che porta fino all’applicazione dell’alea nelle composizioni, sembra essersi impoverito a causa di una meccanizzazione del processo: ciò che dovrebbe scardinare le porte della percezione sonora, grazie ad aperture di senso poco, o mai frequentate, è divenuto un manierato intellettualismo costruito da buoni artigiani, nel peggiore dei casi a tavolino. Nihil sub sole novi, certo, ma nell’ambito di coordinate ormai precise ci sembra inutile procedere per derivazione: banalmente dovrebbe essere pacifica la necessità di trasformare le proprie influenze in materiale adamantino fresco, o quantomeno non ammorbato da una stanca e poco genuina ripetizione di cliches.
GAMMA, terzo album dei Vip Cancro è formato da cellule vegetali ed animali, al suo interno è presente stratificazione psichica, fossili di ere passate, minerali. Ognuno dei componenti del gruppo ha un background diverso ed è questa crisalide a sprigionare i protocolori dell’attività creativa. In tutti i lavori si riscontra la vicinanza e il cortocircuito con la musica contemporanea e colta: in particolare serpeggia lo spirito di La Monte Young ed il suo “Theatre of Eternal Music”, dove la ripetizione minimalistica assume un aspetto divergente, con l’avallo di frequenti disaccoppiamenti melodici che scavalcando i bordoni della trascendenza si concretizzano in un suono pienamente materico, di pietre erose calpestabili solo e soltanto a piedi nudi.
Il momento cruciale nella vita di Zenone, protagonista di “Opera al nero” di Marguerite Yourcenar, si manifesta nel passaggio d’interesse dalla dialettica alle forme, in particolare nel rapporto fra corpo e universo. Lui stesso sarà la realizzazione dell’opera nigra, ma per far sì che ciò accada, l’unica via percorribile si concretizza nella fase alchemica denominata “nigredo”: spoliazione delle forme. Solo intraprendendo questo cambiamento riuscirà ad evolvere e bruciare l’anima psichica sul fuoco della ragione. Allo stesso modo Gamma è la descrizione sintattico/sonora della deformazione dell’attimo immerso nello spazio-tempo. Per comprenderlo appieno è necessario provocare un big bang mnemonico, dimenticare la forma-suono per immergersi nel mellifluo manifestarsi di un’opera che restituisce in forma emotiva le stimolazioni inconsce: spoliazione dell’io per il ritorno all’io.
GAMMA potrebbe dare nuova vita alle immagini di “Begotten” di Elias Meridge dove Dio si suicida per permettere alla propria materia di fuoriuscire e ri-crearsi.
L’inserimento del pianoforte nella traccia iniziale, un preludio, è stato necessario per creare lo stato d’attesa che si affievolisce nel susseguirsi delle monolitiche tracce; s’intravede, si percepisce ad intermittenza, sino alla dissipazione d’ogni dubbio negli ultimi minuti d’ascolto.
1) Nel vostro ultimo lavoro (“Gamma”, 2013) c’è una griglia compositiva che sembra assente in “Xax” e progressivamente, quasi arrogandosi il diritto di esistere, una struttura. C’è stata l’esigenza di intraprendere una strada compositiva diversa?
Relativamente a “Gamma” non ci siamo prefissati dei canoni da seguire. In questi anni il nostro lavoro si è naturalmente e istintivamente evoluto, o meglio modificato, principalmente grazie alle esperienze maturate sia nella pratica delle sessioni di registrazione che in progetti tematici a noi vicini e in collaborazioni che ci hanno affascinato e stimolato di conseguenza. In alcune sessioni abbiamo prestabilito l’idea di una struttura ma come richiamo suggestivo e senza inibire un eventuale scostamento da quell’idea.
2) In “Gamma” spiccano degli assi attorno ai quali ruotano masse sonore che si estendono dal basso al sovracuto, una traslazione electro-ambient degli accordi a grattacielo di Arthur Hoérée, ritenete di essere stati in qualche modo influenzati da queste strutture sonore?
Le nostre influenze sono molteplici e in certa misura tutte ci hanno dato degli input, e continuano a farlo. Il cromatismo in “Gamma” è evidente e più accentuato in relazione al passato, anche gli eventi si snodano in una maniera meno statica che in precedenza. Un accostamento a Hoérée, più che per quanto riguarda quest’ultimo LP o il nostro approccio “compositivo” odierno in generale, sarebbe più consono relativamente alle sonorizzazioni. Prendiamo ad esempio “Waxworks”. In questo caso ci siamo ritrovati a dialogare con la realtà, o meglio con la rappresentazione di una realtà deformata dal mezzo cinematografico utilizzato in chiave espressionista. Questo tipo di enfasi sicuramente ha inciso sull’accompagnamento sonoro che ne è nato. Di conseguenza abbiamo avuto a che fare con un registro emotivo molto ampio, il che ha portato a soluzioni oscillanti tra estremi parecchio distanti tra loro in senso verticale.
3) Le emozioni che si provano ascoltando “Gamma” mi hanno suggerito la teoria di Pitagora riguardo la così detta “Musica delle sfere”: l’universo veniva considerato come un enorme sistema di proporzioni numeriche e i movimenti dei corpi celesti avrebbero prodotto una sorta di musica, non udibile dall’orecchio umano, ma consistente in concetti armonico-matematici. In quale punto possiamo trovare una connessione (se c’è) tra queste teorie e la vostra musica?
E’ necessaria, a proposito di questa tematica, una distinzione fondamentale. La teoria pitagorica inseguiva un’ideale di ordine, di proporzione, di armonia, legata a rapporti tra numeri e quindi affetta da razionalità, un primo tentativo di canonizzazione se vogliamo, ripreso poi anche da Platone per quanto riguarda tutto il discorso sulle forme perfette, ecc… Se vogliamo accennare a un richiamo “cosmico” insito nel nostro lavoro ed effettivamente centrale, dovremmo fare un passo indietro e tornare in una dimensione di “brodo primordiale”, a quel momento magmatico in divenire dove l’ordine di cui parla Pitagora non ha ancora trovato attuazione.
4) In matematica esistono numeri razionali ed irrazionali i cui decimali hanno una certa musicalità che si identifica in una melodia riconoscibile e ridondante nei primi, in una cacofonia nei secondi: è possibile che la musica di matrice ambient e drone rispetti questo tipo di costruzione matematica?
Accennando ancora a Pitagora, c’è una leggenda in cui si narra che il Maestro fece annegare uno dei suoi discepoli, perché fu il primo che sottolineò l’irrisolvibilità della radice quadrata di 2. Forse una metafora, che ci fa ben capire come per Pitagora comprendere nel suo progetto un fattore di irrazionalità fosse alquanto difficile e rimarca ancora una volta la sua predilezione per un’ideale di ordine e armonia. Dal momento che per onestà intellettuale non si può chiudere gli occhi di fronte alla verità, la problematica riguardante i numeri irrazionali dovette in seguito essere comunque affrontata. Qui poi ci troveremmo a entrare in un ginepraio alquanto complesso e assolutamente non di nostra competenza (vedi Gödel e il teorema dell’incompiutezza e le altre dimostrazioni sul fatto che non può esistere un sistema razionale perfetto, i limiti della logica, ecc…). In ogni modo, se vogliamo trovare delle assonanze -e scusa il paradossale gioco di parole- tra i numeri irrazionali e certi tipi di sonorità dissonanti intorno alle quali ci muoviamo, ma non restringendo il campo al solo contesto ambient e drone, la risposta crediamo possa essere affermativa.
5) Avete mai cercato di riprodurre intenzionalmente un rumore bianco puro? (Assenza di periodicità nel tempo e ampiezza costante su tutto lo spettro di frequenze)
Il termine riprodurre purtroppo risulta sempre abbastanza incerto. Piuttosto sarebbe meglio dire che si può tentare di imitare un suono tramite una sorgente sonora differente da quella di origine, e gli esempi possono essere molteplici, pensiamo solo a un semplice fischietto da richiamo utilizzato da un cacciatore. Non si può parlare di riproduzione perché il suono generato dal fischietto presenterà tuttavia delle differenze, seppur minime e magari indistinguibili a “orecchio nudo”, da quello con cui si confronta. Comunque in quello che facciamo c’è qualcosa di simile a un rumore bianco o almeno a qualcosa che viene percepito come tale. Altre volte lo stesso rumore bianco è utilizzato consapevolmente, non imitato ma generato direttamente dalle nostre apparecchiature elettroniche.
6) In “Magicicada” la complessa polifonia di ciascuna parte è incorporata in un flusso sonoro in cui le armonie si fondono l’una nell’altra, mutando molto lentamente. Qual è stato il percorso che vi ha portato a questo risultato che avvicina oggi il vostro lavoro sempre di più alla musica contemporanea?
Facendo riferimento a “Magicicada” hai colto una costante del nostro modus operandi, già presente fin dai primordi della nostra esperienza, ma non ancora così evidente. Infatti se in passato l’aspetto dronico rischiava di prendere il sopravvento sugli eventi di rottura, in “Magicicada”, e un po’ in tutto “Gamma”, questi due momenti opposti trovano un maggiore equilibrio lungo la stesura del pezzo. Come hai giustamente sottolineato, nella Musica Contemporanea, spesso si riscontrano queste caratteristiche formali. Quello che facciamo ne è certamente influenzato, anzi sarebbe più corretto dire che si tratta di fascinazione nei confronti di certi suoni, e dell’utilizzo che ne viene fatto, spaziando dalla musica concreta allo spettralismo, ecc… Ma gli ambiti a cui guardiamo sono molteplici e non solo ristretti a quel mondo musicale.
7) Nell’ouverture di Gamma si avverte l’esigenza di narrare l’antecedente, c’è la promessa d’un debordare sonoro atavico che non si manifesta, lasciando lo spazio, nelle tracce seguenti, ad una estenuante descrizione dell’attesa: quanto reputate importante questo primo segmento nell’intera struttura di Gamma?
Beh, sì, potremmo anche definirla un’ouverture. La funzione dell’ouverture, sappiamo, è sempre stata quella di presentare in linea di massima ciò che poi nel resto dell’azione viene approfondito ed esteso. Questa prima traccia è abbastanza paradigmatica in tal senso. E’ vero che crea una forte aspettativa e che la tensione sembra risolversi con l’ascolto dei pezzi successivi, dove gli elementi di rottura acquistano rilievo, come già abbiamo detto a proposito di “Magicicada”, ma è anche vero che questa immagine di incompiutezza si ripresenta sempre, come nella vita reale. “Timpani” rappresenta quel magma in metamorfosi continua da cui in ogni momento può scaturire qualcosa di brusco e fortuito. Questo è anche specchio di tutto il nostro percorso, del rapporto tra la pratica consueta e i momenti “altri” (collaborazioni, ecc…), e non è altro che una metafora dell’esistenza stessa: qualcosa che è in continuo movimento, sia quando non lo dà a vedere sia quando gli accadimenti risultano molto evidenti.
8) Alcune opere di Francis Bacon ritraggono soggetti vittime della routine di contesti familiari/infernali. In “Giorni di carne” sembrano prendere vita gli echi di queste esistenze costrette, in gabbie, ad un eterno ripiegarsi su se stesse, vi trovate d’accordo riguardo a questa nostra impressione?
Si parlava in precedenza di esistenzialismo. Chi meglio di Bacon ha rappresentato l’angoscia di una vita in inarrestabile decadimento? Ora però noi non siamo così pessimisti in realtà. Nel nostro caso l’esistenzialismo trova soluzione in una sorta di contemplazione “cosmica”, che, è vero, ci dà la consapevolezza di essere impotenti di fronte all’abisso, ma ci permette anche di ammirarne l’incommensurabile maestosità per poter sopportare le miserie del quotidiano.
9) L’improvvisazione è l’anima delle molte sonorizzazioni che avete realizzato spaziando anche tra cinema, teatro e performance. Come cambiano le dinamiche all’interno del gruppo durante questi eventi live?
L’improvvisazione è la nostra anima tout court, non solo nelle sonorizzazioni. In questi casi siamo spesso costretti, e questo però può essere anche motivo di stimolo, a mettere dei paletti necessari all’interazione. Certamente il soggetto è fondamentale. E’ fondamentale soprattutto ciò che ci accomuna al soggetto, ciò che possiamo esaltare del contenuto grazie al nostro intervento. In alcuni casi coinvolgiamo anche altri strumentisti a tal fine. Tra i partecipanti ci deve essere essenzialmente un’empatia comune e sapere chiaramente cosa si vuol fare. Con questo presupposto i risultati sono sempre stati raggiunti fino ad oggi senza difficoltà.
10) Whitehouse, Stockhausen, Subotnick: secondo il vostro parere qual è stata la vera svolta che ha subìto la sperimentazione nella musica elettronica negli ultimi vent’anni e quali sono state le derive più importanti?
Non crediamo ci sia stata una svolta negli ultimi vent’anni se non nell’aspetto tecnologico che ha reso possibile una maggiore capacità di espressione e un più rapido sviluppo di idee sperimentali.
Ciò che è nato e maturato nelle accademie come nel caso di Stockhausen si è esteso a contesti più popolari grazie soprattutto al personal computer e alla massiccia digitalizzazione dei metodi di produzione. Tali metodi hanno moltiplicato l’uso di procedimenti sofisticati (esistenti ad esempio negli studi di fonologia analogici degli anni cinquanta e sessanta) e la loro applicazione in una miriade di creazioni musicali di genere.
Certamente Whitehouse è stato un pioniere di ciò che viene generalmente definito come “Industrial” e ad quel tempo fu proprio la diffusione di synth analogici a basso costo che facilitò il diffondersi di quella sottocultura a metà tra musica e arte.
In questi due contesti, accademia e sperimentazione popolare, Subotnick si pone perfettamente a metà così come la moltitudine dei compositori americani, meno rigorosi nell’approccio ma sempre molto attenti alle avanguardie tecnologiche e alla fruizione musicale.
11) Associazioni libere:
Latte
Humus
Cartilagine
Bambinesco
Scurrile
Cotone
Vibrante
Ortogonale
Pesce
Allora… ognuno di noi procede singolarmente:
FILIPPO – Latte/Opaco, Humus/Fresco, Cartilagine/Elastico, Bambinesco/Frignare, Scurrile/Volgare, Cotone/Sole, Vibrante/Tremore, Ortogonale/Rigido, Pesce/Libero
ALBERTO– Latte/Crosta, Humus/Hummus, Cartilagine/Genesis P. Orridge, Bambinesco/Discorso, Scurrile/Pum Pum, Cotone/Pelle, Vibrante/Orchestra, Ortogonale/Rombo, Pesce/Calma
ANDREA – Latte/Superficie, Humus/Primordiale, Cartilagine/Bollito, Bambinesco/Bau, Scurrile/Brutale, Cotone/Infermeria, Vibrante/Sudore, Ortogonale/Diedri, Pesce/Totano
NICOLA – Latte/sole, Humus/sangue, Cartilagine/freddo, Bambinesco/mario, Scurrile/trippa, Cotone/ruvido, Vibrante/sandali, Ortogonale/strada,Pesce/fritto
VipCancro
Quartetto di sperimentazione elettroacustica composto da Andrea Borghi (basso), Alberto Picchi (elettronica), Nicola Quiriconi (voce) e Filippo Ciavoli Cortelli (percussioni/nastri). Ispirandosi alla musica di ricerca e d’avanguardia il gruppo esplora i concetti di continuum e drone music in un contesto di tipo improvvisativo.
I primi due album – Xax e Tropico – hanno ricevuto critiche entusiastiche dalle testate specializzate quali Blow Up – “Una delle migliori uscite italiane di ambito ‘avant’ ascoltate negli ultimi mesi” – e Rumore – “Un nucleo di artisti che richiama e attualizza fasti improvvisativi nella miglior tradizione della ‘musica elettronica viva’ – mentre nel suo sito Head Heritage il musicista e saggista britannico Julian Cope ha speso parole lusinghiere – “Those of you meditative types seeking total post-Industrial shutdown should rush out and grab XAX by VipCancro, an excellent and highly individual quartet from Tuscany” -.
I membri del gruppo hanno fondato nel 2008 l’etichetta musicale Lisca Records con la quale pubblicano materiale proprio e di altri artisti affini, nomi noti della scena sperimentale nazionale ed internazionale.
Lascia un commento